Questa mattina dalla spiaggia di Karfas che si apre davanti alla finestra della mia camera, verso le 7 sono stata svegliata da grida di bambini. Non ho ben capito nel dormiveglia di cosa si trattasse. Pensavo fosse ancora la fine di un sogno. Ma le grida dei bambini non si fermavano, a queste si aggiungevano voci di uomini. Dopo qualche secondo ho alzato la serranda del terrazzo e ho visto l’arrivo dei profughi. Qualcuno si teneva a galla con il salvagente arancione, altri con una camera d’aria.
Mi sono infilata il costume e sono corsa in spiaggia. Sono arrivati a riva chiamandosi l’un l’altro: uomini di tutte le età, anche un vecchio con la barba bianca e gli occhi smarriti, una donna anziana, qualche ragazza, molti uomini e parecchi bambini. Un arrivo concitato ma tranquillo. Nessuno era in pericolo fortunatamente, le acque sono calmissime, la spiaggia di Karfas ancora deserta, la luce chiara delle prime ore del mattino.
In una delle case che danno sulla spiaggia una coppia faceva colazione: avevano l’aria imbarazzata, guardavano concentrati le tazze e il pane con il burro. Non non si sono mossi, non si sono alzati da tavola. Pare che quest’estate l’arrivo dei profughi su questa, come su altre spiagge di Chios, sia la norma. Io sono arrivata qui da tre giorni, avevo letto dell’emergenza, ma pensavo fosse anche un’esagerazione dei giornali. Durante il giorno non avevo visto niente di strano nell’isola, solo turisti che si godono una vacanza tranquilla. Mi sono avvicinata un po’ ma mantenendo anche una certa distanza: scattavo foto con il cellulare e temevo che tra i profughi ci fosse anche qualche scafista. Ma gli scafisti stavano al largo, su una barca a motore che questa mattina ha scaricato dalle vicinissime coste della Turchia il suo bottino. Ho contato una trentina di persone: dicono di venire dalla Siria e alla domanda di un signore olandese che si trovava con la moglie e il figlio in spiaggia, hanno detto di avere pagato ognuno 1000 euro. Chissà.
Erano felici. Almeno lo erano i giovani che dopo la concitazione dell’arrivo e le telefonate convulse, si scattavano dei selfie euforici sulla spiaggia. Gli anziani invece rimanevano fermi sulle sdraio, inerti, con lo sguardo fisso sulla sabbia.
Dopo poco si è affacciato dal fondo della spiaggia un uomo con una t-shirt gialla che ha gridato loro “Come! Come!”. Si sono tutti girati e in fretta si sono liberati dei salvagenti. Si sono sistemati alla meglio gli abiti, hanno caricato gli zaini che avevano con se’ in spalla e lo hanno seguito. Una volta sulla strada, l’uomo con la t-shirt gialla ha ordinato che salissero su un furgone scalcagnato.
Gli uomini con la famiglia, tutte le donne e i vecchi hanno ubbidito. Alcuni dei più giovani si sono rifiutati. Hanno battuto i pugni sui vetri del furgoncino, intimando a chi era salito di scendere. Dopo una breve concitazione, il furgoncino, tutto colmo, è partito. Nel giro di pochi minuti è finito tutto.
Mi sono guardata intorno in quella strana, surreale normalità. Ho incrociato lo sguardo con una signora, proprietaria di un chiosco. Le ho chiesto che cosa stava succedendo. Mi ha detto che quello era il furgone del Comune di Chios. Che anche ieri sera, verso le 10, sono arrivati altre decine di profughi, che accade così da tutta l’estate. Che i profughi che non scappano vengono portati a un centro situato a Chios, vicino al cimitero. Mi ha detto che può contenere al massimo 300-400 persone e che è un numero assolutamente insufficiente.
Anche ieri è partita per Atene da Mitilene una nave che conteneva 3mila profughi. Gli uomini, le donne e i bambini che non accettano di stare nel centro di accoglienza o che non riescono ad essere accolti, trovano una sistemazione nei dintorni, spesso tra le tombe del cimitero. La donna mentre parlava ha iniziato a commuoversi. “E’ gente che non ha niente, ci sono tanti bambini piccoli. Ma anche noi non abbiamo niente.E stiamo male a vederli bivaccare tra le tombe dei nostri cari”. Non sapevo cosa dire. Ero ancora scombussolata. L’ho salutata e mi sono avviata a casa. Credo che la spiaggia da oggi non mi sembrerà più la stessa.
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Piero
15 Agosto 2015 at 10:25Credo che se ancora si tarda, negli ambienti politici internazionali, a riconoscere il dramma di questa emergenza e non si adottano serie misure umanitarie di soccorso, conforto e supporto (specie a chi ovviamente lo merita), quello che hai molto ben descritto diventerà un fenomeno di proporzioni ancora più bibliche. Mi fanno rabbia i politici tutti imbellettati che poi piangono (falsamente) le vittime. La fratellanza è un valore che l’umanità sta sacrificando al dio denaro. E il dio denaro ormai impera in Europa più che in ogni altro luogo del mondo. Un post sorprendente il tuo, se si considera che arriva da un luogo di vacanza ma anche una cronaca che dovrebbe fare aprire gli occhi e che dovrebbero leggere perfino i governanti, affinché capiscano che è ora di fare sul serio. Grazie e buon ferragosto. Piero
paolabaronio
15 Agosto 2015 at 20:52Grazie Piero per gli apprezzamenti. Purtroppo scene come quella alla quale ho assistito stanno accadendo in tutta la Grecia. Per non parlare della nostra Sicilia. 🙁
Piero
15 Agosto 2015 at 20:57È una tragedia immane. Se invece di vendere armi a quella povera gente del continente africano, avessimo dato aiuti per lo sviluppo civile e sociale, oggi non saremmo qui. Un abbraccio. Piero
agenda19892010
12 Agosto 2015 at 18:13☺
agenda19892010
10 Agosto 2015 at 6:55Molto bello il articolo … abbiamo bisogno della fraternità come l’aria . Grazie
☺
agenda19892010
10 Agosto 2015 at 6:53Un felice Lunedì ☺ da Rinaldo.