Gianna Coletti è tante cose: attrice di teatro, cinema e televisione, cantante-chitarrista e ballerina di tip tap, scrittrice. Tra le tante cose è una donna intelligente, passionale, sincera e dotata di un umorismo irresistibile, che mi ha tenuta incollata al suo viso e al suo sorriso per due ore buone. Gli occhi non li ho visti perché erano schermati da spettacolari occhiali da sole a farfalla, ma tutto il resto sì, anche le lacrime che, nel caffè dove ci siamo date appuntamento per parlare, scorrevano da sotto la montatura. Gianna mi ha parlato per due ore di Anna, la sua mamma, anzi, la vecchia, come la chiama lei. La sua amatissima, ingombrantissima vecchia. Tanto ingombrante da doverci fare i conti per tutta una vita, tanto amata da diventare coprotagonista del film-documentario Tra cinque minuti in scena, uscito nelle sale nel 2013 per la regia di Laura Chiossone e vincitore di tanti premi e del libro autobiografico che ne è derivato, Mamma a carico. Mia figlia ha novant’anni, edito da Einaudi per la collana Super et Opera Viva e pubblicato pochi mesi fa.
Nel film e nel libro Gianna Coletti mette in scena la storia di due donne, quella di una figlia di cinquant’anni alle prese con un lavoro di attrice, un debutto a teatro, un fidanzato che le sta vicino da venti e quello di una madre novantenne, afflitta da cecità, da una demenza senile intermittente, un tumore e un attaccamento straordinariamente ostinato alla vita.
Gianna racconta l’esperienza – tremenda e dolcissima – dell’accudimento: una cura fatta di caramelle e carezze, filastrocche e canzoni accompagnate alla chitarra per tenere viva la memoria, ma anche di rabbia, sconforto, crisi di nervi e sensi di colpa, ricerca frenetica di badanti, spese per attrezzature, medicine e consulenze specialistiche che fanno saltare bilanci.
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Mamma a Carico non nasconde niente al lettore: lo sgomento davanti a un corpo che non si controlla più, di una mente che spesso dà i numeri ma anche la poesia di dialoghi pieni d’amore: “Perché mi chiami in continuazione, mamma?”. “Ti ho nelle vene, Gianna!”. Oppure “Gianna, aiutami a disfare l’anima. La possiamo fare su meglio“.
Ci si commuove parecchio leggendo ‘Mamma a Carico’ ma si ride anche tanto. Perché Anna, la vecchia – donna cocciuta, autoritaria, ostinata – è un personaggio di una simpatia irresistibile, non fosse per gli occhiali 3D che s’ostina a indossare nonostante la cecità e i capelli bianchi sparati in testa che la fanno assomigliare al cantante punk Sid Vicious. E nei momenti più impensati, tira fuori battute strepitose: “Mamma, cosa ti regalava papà quando eri giovane? Profumi, gioielli…”. “Le corna!”, sbotta lei. Oppure quando la figlia a pag. 86 si lamenta: “Sto diventando vecchia vicina a un’altra vecchia”. “Ah sì? E chi è l’altra vecchia Giannina?”.
Anna amava lo spettacolo, si è sacrificata per pagare alla figlia bambina costosissime lezioni private di canto, musica e danza e Gianna, diventata attrice e poi scrittrice, l’ha ripagata con un omaggio d’artista, portandola nel “loro” film e mettendola al centro del suo libro.
La mamma se n’è andata poco dopo le riprese, il 3 luglio 2013. Il film è stato presentato in tante sale, ha generato tante interviste e tanta commozione tra gli spettatori. “L’accoglienza della gente dopo la proiezione o quando presento il libro è pazzesca. Si genera ogni volta uno scambio di esperienze, mi viene donato un affetto, un amore che mi sorprende”, mi racconta Gianna.
La sua vecchia ormai è morta da tre anni ma lei non riesce ancora a parlarne senza commuoversi.“Ormai non sento più la sofferenza per la sua scomparsa ma una grande emozione per quello che è stata, per quello che abbiamo passato insieme, quello sì. C’è una cosa che vorrei che tu riuscissi a raccontare – mi dice al termine del nostro incontro -. E cioè che spesso si è in preda allo sconforto nel vivere una situazione così difficile. Eppure bisognerebbe pensare che è una fortuna poter stare vicino a una persona cara, avere la possibilità di accompagnarla. Questo permetterà a lei di non sentirsi sola nel periodo più difficile dell’esistenza come quella della vecchiaia, e a noi di vivere senza sensi di colpa quando lei non ci sarà più”. È questo il senso di Mamma a Carico, un libro che ci racconta sì l’angoscia e il dolore per la malattia, la fatica dell’accudimento ma anche la gioia generata dall’amore. Leggetelo, vi farà stare bene.
2 Comments
orlando778
25 Luglio 2016 at 14:36Che dolcezza tutto questo. Brava Paola, una storia che mi ha toccato le giuste corde del cuore. un bacio, Orla:-)
Paola
26 Luglio 2016 at 11:54Grazie Orla, un abbraccio.