Mi piace molto la busta WaxMax che mi sono regalata nei giorni scorsi. Non acquisto quasi mai i prodotti dei brand di cui scrivo (mi piacciono per definizione: se li comprassi tutti finirei in bancarotta) ma la borsa di WaxMax ha una storia di speciale valore e che mi piace raccontare.
Il primo racconto è quello dei suoi colori. Bellissimi, forti, energici: sono i tessuti africani waxprint che hanno fatto innamorare Elena Vida, architetto milanese di orgogliose origini armene, durante i suoi soggiorni a Boavista, nell’arcipelago di Capoverde. Elena è un’habitué dell’isola dove si reca regolarmente dai primi anni Duemila. Dopo stagioni di shopping compulsivo presso i vari fornitori dell’isola e l’accumulo di decine e decine di tessuti utilizzati nei modi più svariati, nell’estate del 2013 Elena ha maturato l’idea di WaxMax, un’alternativa alla sua attività di architetto, un progetto che esprimesse la sua passione per il design e i tessuti africani.
Tornata in Italia, ne ha parlato con l’amica e stilista catalana Andrea Folgosa, che ha subito appoggiato l’iniziativa disegnando il primo modello di una camicia. Si trattava solo di un prototipo ma definiva già lo stile di WaxMax: linee pulite, minimaliste, accostate alle grafiche dei tessuti africani. La proposta ha subito avuto buoni riscontri, portando rapidamente a una collezione di abbigliamento e di accessori che ora comprende bluse, abiti, soprabiti, pantaloni, borse, ombrelli ma anche complementi d’arredo come bellissime sdraio da giardino, pouf,cuscini… Lo stile, rigoroso, nell’abbigliamento si declina in un’eleganza chic, di gusto molto milanese.
Ma oltre all’estetica contemporanea, le altre valenze di WaxMax sono la trasparenza e la tracciabilità: “Di ogni articolo sappiamo chi lo ha disegnato, chi lo ha prodotto, lo stato di provenienza del tessuto – mi racconta Elena -. Quando possibile coinvolgiamo laboratori con alto valore sociale, come la Cooperativa Alice di Milano che produce per noi abbigliamento e piccoli accessori realizzati nelle carceri di Bollate e San Vittore, o la Cooperativa di donne Gis Gis di Dakar, a cui facciamo produrre periodicamente tovaglie e copriletti. In alternativa ci appoggiamo a piccoli laboratori artigianali di eccellenza decisamente a km zero. Per esempio la produzione di ombrelli, dei complementi d’arredo, delle baguette bag e delle cover per computer e tablet è concentrata tra Milano e Como. A Boavista, isola di Capo Verde dove idealmente è nato il progetto, abbiamo avviato una bella collaborazione con una designer e artigiana di origine angolana, Wanda Fernandes”.
Elena si schermisce un po’ quando le faccio notare che WaxMax è un bellissimo esempio di moda etica: “Le parole sono pietre ed etica è una parola forte – precisa -. Diciamo che ci piace realizzare cose belle e utili, nel rispetto delle persone e senza speculazioni. Come dovrebbero fare tutti, in effetti… ”.
Le collezioni di WaxMax, i suoi colori, le sue storie sono raccontate nel sito e nella pagina Facebook. Se volete conoscerle di persona, in questi giorni è stato allestito un temporary store in Via Carlo Maria Maggi 6, a Milano. Verrà inaugurato con un aperitivo proprio oggi, alle 17, e sarà aperto anche giovedì 18 e venerdì 19 maggio dalle 12 alle 19. Facevi un giretto: vedrete delle belle cose.
1 Comment
dollsbsartoria
17 Maggio 2017 at 12:32Allarga il cuore leggere di chi nel mondo della moda e del design, oltre ad un magnifico gusto, pone attenzione anche ai rapporti umani. Buona giornata.