Dont’t Kill. Non uccidere. Il quinto comandamento riprodotto in tre scritte al neon che illuminano il buio della notte intorno alla Casa della Memoria a Milano e proprio accanto al Bosco Verticale. Per vederle bene bisogna attendere che cali l’oscurità in queste sere d’estate. Ma l’effetto è forte e suggestivo.
Don’t Kill è il progetto firmato dall’artista Fabrizio Dusi per la Casa della Memoria, un nucleo di lavori studiati ad hoc dall’autore per lo spazio e lo spirito del luogo, votato alla conservazione di una memoria storica condivisa, dedicato alle vittime di ogni strage, di ogni forma di terrorismo, a tutte le forme di emarginazione, esclusione, violenza.
Il cubo di mattoni progettato dallo studio Baukuh dal 31 maggio al 31 agosto è illuminato da scritte al neon che recitano frasi ispirate alle parole di Primo Levi, tratte dal suo celebre libro Se questo è un uomo, accanto a parole ispirate da poesie di vari autori e ad altre tratte da una video-intervista a Liliana Segre.
Don’t Kill (neon)
Nobody Cried Nobody Talked (neon)
L’odore della paura (neon)
Vogliamo vivere (neon)
One Day God Was Absent (neon)
Per un Si o per un No (ceramica e neon)
È stato bello rivedere Fabrizio Dusi nel luogo dove si svolge la sua mostra. Ci conosciamo da tempo e seguo il suo percorso artistico dalle prime espressioni di Bla Bla, un progetto sull’incomunicabilità sviluppato attraverso la rappresentazione in forma grafica, di parole vuote o di bolle colorate che fuoriescono dalla bocca aperta di personaggi senza orecchie. Sagome che parlano e non dicono niente, emettono parole ma non ascoltano.
Un progetto che Fabrizio Dusi ha declinato in tante modalità, sperimentando concetti, grafiche, dimensioni e materiali e che è stato esposto – per citare solo le ultime apparizioni – alla Bocconi Art Gallery, ad Artefiera Bologna, alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma e nella mostra personale Classic Family allestita nell’ex chiesa barocca di San Ignazio ad Arezzo.
Fabrizio Dusi è un artista complesso ma non inutilmente complicato che dichiara il suo percorso creativo in maniera esplicita attraverso la scelta dei materiali, la presenza – o l’assenza – di messaggi verbali.
“Non cerco di allontanare il pubblico ma di avvicinarlo. Ho scelto di raccontare le mie inquietudini con un approccio esteticamente non allarmante”
Poco più che quarantenne, Fabrizio ha lasciato un lavoro di webdesigner nella sede di una banca una decina di anni fa per seguire un’indole coltivata dagli studi al liceo artistico. Era attratto dagli smalti e dalle superfici lucide e alla ricerca di un materiale oltre alla teladove declinare l’energia della sua ispirazione.
L’incontro con la ceramica, avvenuto attraverso un corso frequentato alla scuola Cova di Milano, gli ha permesso di dare letteralmente concretezza alle sue idee. Nel giro di poco tempo Dusi ha aperto uno studio-laboratorio dove porta avanti un percorso d’artista che passa attraverso una profonda introspezione.
“Il personaggio che rappresento è evidentemente una citazione biografica, vi porto qualcosa di mio. Il problema dell’incomunicabilità è una costante della mia vita e mi ha causato anche sofferenza.
L’arte in questo senso ha un effetto terapeutico: rendi partecipi gli altri della tua condizione. La fai manifesta e quindi, in un certo senso, te ne liberi.”
Comunicare l’incomunicabilità, dare materia al vuoto, colori al silenzio. L’arte di Fabrizio Dusi si alimenta di paradossi e contraddizioni alla ricerca di una sintesi, di una dichiarazioni compiuta.
“Questa mostra, ispirata alle citazioni di un’esperienza dolorosa come la deportazione, rappresenta un’evoluzione del mio percorso. Dalle sillabe, dai non sense, dal non significato alla realizzazione di un messaggio esplicito, forte assertivo, derivato dalla testimonianza di una sopravvivenza. Dalla vita che si afferma sulla morte”.
Un’illuminazione rappresentata dalla luce al neon, che in Don’t Kill trova un utilizzo prevalente rispetto alla ceramica.
“Mi piace la luce, e sono attratto dall’effetto al neon, così utilizzato nelle insegne. Il neon rende ancora più esplicita la presenza di un messaggio, è la luce che buca l’oscurità”.
Le frasi che l’artista ha estrapolato dall’ascolto delle parole di Levi e della Segre, di Eva Pickovà e di Marco Spyry sono state riprodotte con grafie diverse nei colori bianco e rosso per le scritte al neon e in nero per quelle in ceramica, illuminate dalle sillabe ‘si’ e ‘no’, un’ennesima allusione alla presenza di vita e di morte e alla loro contrapposizione.
Dopo la dichiarazione urlata e muta dell’incomunicabilità, con Don’t Kill Fabrizio Dusi solleva lo guardo dalla propria sofferenza per soffermarsi su quella altrui. Le sue prossime esplorazioni, mi racconta prima di congedarci al termine del nostro incontro, affronteranno il tema della spiritualità: una nuova luce, dopo il silenzio
DON’T KILL
Fabrizio Dusi
Casa della Memoria
via F. Confalonieri 14
Milano
31 maggio – 31 agosto 2017
Orario apertura: lun.ven. h. 9-17; sab-dom: h. 10.00-18.00
INGRESSO GRATUITO
Tel. 02 88444102
c.casadellamemoria@comune.milano.it
www.facebook/casadellamemoria
2 Comments
Paola
19 Giugno 2017 at 16:34Non è escluso che riesca a vederla, in luglio. Grazie 🙂
Paola
19 Giugno 2017 at 18:35L’ingresso è gratuito. Peccato che la sera, quando con il buio si rendono visibili le scritte esterne, la mostra sia chiusa.