Ho incontrato la moda di Opaline in una fiera di settore. Nella successione di stand un po’ tutti uguali mi aveva colpito la particolarità dei tessuti e delle stampe che nell’accumulo di stimoli visivi del contesto espositivo mi avevano portato a rallentare per meglio notare la fluidità delle forme, l’accostamento armonico dei colori e dei materiali: kimono, giacche, abiti in sete riciclate, velluti, cotoni in nuance calde impreziositi da lavorazioni e ricami ma anche accessori ed elementi di arredo. L’incontro con qualcosa di bello e particolare che costituisce l’eterno richiamo della moda.
Il desiderio di saperne di più è stato incoraggiato dalla notizia che parte di quella moda faceva parte di un progetto fairtrade portato avanti da Ingrun Von Keudell, designer e titolare di Opaline che, saputo del mio interesse per la moda sostenibile ed etica, mi ha invitato a fare due chiacchiere insieme non appena concluso l’impegno con la fiera.
Dopo qualche giorno quindi mi sono trovata a conversare con questa giovane donna dal dolce accento tedesco sul divano che domina lo showroom milanese di Via Savona, un ambiente pieno di atmosfera che esprime e racchiude non solo la storia di una brand e di una collezione di abiti e accessori ma anche il percorso esistenziale di Ingrun, la formazione cosmopolita, la passione per l’India, una creatività che esprime un’eleganza rilassata attraverso un raffinato stile gipsy realizzato con cura sartoriale.
Un gusto che si estende dalla moda all’interior design e che, con la proposta di una linea di tessuti per la casa, wallpaper, essenze, agende e giocattoli per bambini, definisce Opaline un brand lifestyle.
Tedesca di nascita e italiana per amore (è spostata con Giampaolo e ha due figli piccoli), Ingrun Von Keudell è cresciuta nel sud dell’India dove i genitori, entrambi medici aiurvedici, erano impegnati nel sociale con la Shantimalai Developement Trust, fondazione istituita nel villaggio di Tiruvannamali per lo sviluppo, l’organizzazione e il sostegno del lavoro degli artigiani locali.
“La cultura e la filosofia indiana sono stati al centro della mia educazione e mi accompagnano anche oggi – si racconta Ingrid -. Provengo da una famiglia di medici ma ho invece sempre sentito una forte inclinazione per l’arte e la pittura che mia madre ha incoraggiato, spingendomi fin da piccola a disegnare, a leggere libri, ricercare”.
Un incoraggiamento ben riposto, visto che dopo la laurea alla Parsons School of Design (frequentata prima a Parigi e poi a New York) Ingrun si è formata come fashion designer tra gli Stati Uniti e l’Europa, collaborando con brand di prestigio quali Sonia Rykiel, Derek Lam, Ralph Lauren e, in Italia, Etro.
Stabilitasi a Milano dopo avere soggiornato in Italia a Firenze e a Napoli, Ingrun non ha mai interrotto i legami con l’India dove il mai sopito impegno nel sociale e la conoscenza delle tradizioni artigianali hanno favorito l’ideazione di un progetto fairtrade, una collezione di pigiameria di lusso, realizzata con tessuti naturali da famiglie di sarti locali.
La collezione, denominata Opaline (gioiello in sanscrito), è stata presentata durante un Fuorisalone qualche stagione fa ed è subito piaciuta. Dai pigiami si è sviluppata una collezione pret-a-porter incentrata intorno al kimono, il capo iconico proposto in varie lunghezze e soluzioni e completato da abiti, pantaloni, accessori.
“L’evoluzione del progetto è avvenuta attraverso vari passaggi, come il graduale trasferimento della produzione in Italia – spiega Ingrun -. Non è stata una decisione facile ma problemi burocratici e organizzativi con l’India lo hanno reso necessario. La collezione, pur mantenendo l’ispirazione originaria, ha ora un posizionamento più elevato. Per valorizzarla abbiamo aperto due anni fa questo showroom, con l’ufficio stile completamente a vista dove è possibile cogliere l’essenza del nostro brand”.
L’obiettivo di alimentare un’economia solidale con la comunità nella quale Ingrun è cresciuta tuttavia non è venuto meno. Il progetto Opaline si è infatti arricchito di una capsule collection fairtrade realizzata in collaborazione con l’associazione Om Shanti Ngo che si prende cura delle vedove abbandonate nel sud dell’India, notoriamente lasciate ai margini della società, offrendo loro un lavoro per sostenersi. “Abbiamo sviluppato una linea speciale ovvero la realizzazione di una pochette trapuntata, fatta con le stampe Opaline. Per questa stagione abbiamo aggiunto gli elefanti in patchwork, bellissimi regali per bambini e adulti. All’associazione poi devolviamo il 5% delle vendite”.
Una capsule che Ingrun vorrebbe sviluppare ulteriormente, affiancando ai contenuti della solidarietà anche quelli della sostenibilità. Prima di salutarmi mi mostra il prototipo di una raffinatissima giacca di pigiama in cotone biologico: “E’ realizzato manualmente al telaio dalle nostre collaboratrici indiane, un lavoro artigianale lunghissimo e prezioso. Se riusciamo a ridurre un po’ i tempi di lavorazione vorrei proporlo la prossima stagione nello showroom. Che ne dici, ti piace?”.
Non faccio fatica a rispondere che mi piace moltissimo, come la giacca kimono che chiedo di provare durante l’intervista: un capo appeso sulle grucce che mi aveva attirato per i colori e l’abbinamento dei tessuti e che una volta indossato si fa apprezzare per la vestibilità perfetta. Solidale e chic, come la moda di Opaline.
OPALINE
Showroom e store
Milano, via Savona 19/a
Tel. 02 45388630
Email: info@opalineworld.com
1 Comment
milesweetdiary
12 Ottobre 2018 at 10:43Piace molto.