Raccontare un artista senza il suo permesso in un museo, spazio istituzionale che l’artista disconosce per definizione. È questo l’interessante paradosso di A Visual Protest. The Art of Banksy, la retrospettiva sul più celebre street artist del mondo che va in scena al Mudec di Milano fino 14 aprile 2019. Un paradosso nel paradosso, considerato che, nonostante la popolarità globale, la sua arte è per definizione clandestina e la vera identità di Banksy è tutt’ora sconosciuta.
La mostra del Mudec, la prima sull’artista mai realizzata in un museo, racconta l’opera e il pensiero di Banksy attraverso un’ottantina di lavori tra dipinti, serigrafie numerate, oggetti, fotografie e video, copertine di vinili e cd musicali da lui disegnati e varie memorabilia. Volutamente non sono esposti i murales che potessero essere sottratti illegittimamente da spazi pubblici, ma solo opere di collezionisti privati di provenienza e autenticità certificata.
In coerenza con il contesto museale, il percorso espositivo scelto dal curatore Gianni Mercurio è accademico e colloca quindi Banksy nel contesto della storia dell’arte contemporanea.
Così, dopo la prima sezione introduttiva che illustra i movimenti di protesta visiva ai quali le modalità espressive di Banksy sono esplicitamente riferite (il Situazionismo degli anni ’50 e ’60, le proteste del maggio 1968 e i writers di New York degli anni ’70 e ’80) la mostra procede attraverso i temi che hanno definito l’opera espressiva di Banksy, un’opera che si caratterizza per la forza e l’universalità del suo messaggio contro il potere, la guerra, il consumismo.
In primis la ribellione verso l’egemonia culturale espressa da televisione, cinema, pubblicità, chiese, scuole e musei: i murales di Banksy, ambientati in zone di conflitto o nelle periferie urbane, o ancora nei luoghi dove il Potere si palesa nella sue varie manifestazioni, sono incursioni di guerrilla urbana, espressa con tecniche veloci come lo stencil e il metodo del détournement, cioè lo stravolgimento di opere universalmente note con l’inserimento di elementi stranianti che ne modificano il significato.
In mostra anche i suoi famosissimi ratti, il paradigma del writer stesso: “Esistono senza permesso – dichiara -. Sono odiati, braccati e perseguitati. Vivono in una tranquilla disperazione nella sporcizia. Eppure sono in grado di mettere in ginocchio l’intera civiltà”.
Banksy denuncia il potere rendendolo ridicolo. Politici, poliziotti, militari, la famiglia reale inglese o anche i rappresentanti del mercato dell’arte sono ritratti in situazioni paradossali, che ne denunciano la pochezza, la malafede, l’inconsistenza.
Un invito alla resistenza espresso con cupa ironia, come il progetto del Walled Off Hotel, un vero albergo a Betlemme, con vista sul muro fatto costruito da Israele per separare la città palestinese dai territori di Gerusalemme Est o Dismaland, un apocalittico parco giochi a sud di Bristol, esplicitamente dichiarato inadatto ai bambini e feroce parodia di Disneyland.
Ma l’arte ribelle di Banksy è capace di raggiungere risultati straordinariamente poetici, come il celebre graffitto la Bambina con il Palloncino Rosso, diventata poi protagonista di un video a sostegno del popolo siriano nella campagna #withSyria.
Insieme agli altri soggetti dell’arte di strada di Banksy, anche la Bambina che vola con altri bambini sulla terra siriana insanguinata appare nel documentario a cura di Butterfly Art News appositamente realizzato per la mostra che tratteggia la figura di Banksy raccontandone la storia, l’approccio artistico e i lavori. Una ventina di minuti che ci restituiscono il writer nel suo rapporto con i luoghi, la potenza dei suoi messaggi, l’inutile censura dei rappresentanti del potere ai suoi geniali sberleffi d’artista.
Una fascinazione che viene confermata nello spazio multimediale che chiude la mostra dove l’utima la parola è lasciata ai suoi murales, alcuni ancora esistenti, altri scomparsi per incuria o rimossi dalla mano dell’uomo. Se la funzione dell’arte contemporanea è anche quella di essere catalizzatore di cambiamenti, le opere di Banksy sono quelle di un vero artista.
Fa piacere che la mostra al Mudec stia avendo un grande riscontro di pubblico. “A Wall is a very big weapon” è il credo espresso da Banksy: ha ragione, un muro può essere un’arma molto potente.
A VISUAL PROTEST. The Art of Banksy
MUDEC Museo delle Culture di Milano
Via Tortona, 56
Dal 21 novembre 2018 al 14 aprile 2019
Orari apertura: Lunedì 14.30 – 19.30; Martedì – mercoledì – venerdì – domenica 9.30 – 19.30; Giovedì – sabato 9.30 – 22.30.
Biglietto intero 14 euro
4 Comments
Paola
27 Novembre 2018 at 18:50Naturalmente è in programma. L’aspetto “non autorizzata” e le varie copie sono molto interessanti, e ci pongono davanti a una nuova visione dell’arte. Due anni fa l’avevo mancata a Roma per un soffio
lillyslifestyle
27 Novembre 2018 at 12:58Nemmeno quella di Bruxelles lo era. 😉 Vedremo cosa ci attende domani…. Comunque un’esposizione stupenda. Ero tentata di tornarci ma avevo poco tempo a disposizione. Saluti a te cara.
lillyslifestyle
27 Novembre 2018 at 11:17Vorrei capire come sia possibile avere alcune opere di Banksy nello stesso momento in due città diverse…. sono repliche allora. L’ho appena vista a Bruxelles, idem “non autorizzata”. 😉 hehehehe Leggi qui https://www.unionesarda.it/articolo/cultura/2018/11/25/sequestrate-alcune-opere-di-banksy-in-mostra-a-bruxelles-8-801312.html (non era un supermercato comunque)
Paola
27 Novembre 2018 at 12:54Carissima, la mostra al Mudec non è autorizzata dall’artista ma NON è illegale 🙂
. Come ho scritto riportando la comunicazione del curatore “non sono esposti i lavori che potessero essere sottratti illegittimamente da spazi pubblici, ma solo opere di collezionisti privati di provenienza e autenticità certificata”. Molte delle opere sono serigrafie in edizione limitata, quindi disponibili in più esemplari numerati. Saluti a Lisbona!